“A CORVIALE SI VIVE BENE” Una storia di mala informazione di Valentina Ferla

“A CORVIALE SI VIVE BENE”
Una storia di mala informazione di Valentina Ferla

Non era ancora nato, e già faceva parlare di sé.
D’altronde come non scrivere di un palazzo-quartiere lungo un chilometro e pensato per ospitare 8.000 anime? “Messo in verticale abbiamo il grattacielo più alto d’Italia!”, dicono i residenti.
Corviale è sorto come palazzo infernale, e oltre al suo chilometro se ne porta dietro un secondo fatto solo di polemiche. Da subito i problemi, da subito gli articoli. Sul “serpentone” è stato scritto di tutto: dei molti casi di violenza che lo hanno riguardato, a sottolineare quanto il contesto socio-culturale possa influenzare, del dibattito sull’abbattimento, perseguito a fasi alterne, a seconda della fazione politica al governo, della sua possibile riqualificazione. Eppure nulla si dice dei 23 milioni di euro disponibili nella regione e bloccati per “pausa di riflessione” dall’Assessore regionale alla casa, Teodoro Buontempo.
Ma si è parlato soprattutto male di Corviale, facendo errori grossolani, e accettando di vedere una realtà non solo parziale, ma sbagliata poiché esagerata. Tutto per amore del sensazionalismo.
Così i problemi di via Portuense erano da ricondursi al Corviale, così, racconta Fiorini in un articolo del 1998 su “L’Unità”, una rapina a Casetta Mattei fa dire ai cittadini di eliminare dalla faccia della terra il “mostro”. “Mostro” infatti lo chiamano i giornali.
Addirittura, secondo due giornalisti, la costruzione del palazzo avrebbe deviato il soffio del Ponentino. A tanto si è giunti.
E quanto hanno sbagliato gli stessi giornali per spingere Angelo Scamponi, vicepresidente del “Comitato Inquilini Corviale”, a dire: “Il problema di Corviale sono i media”?
E di fatti se si prendono “Repubblica”, “Corriere della Sera”, “L’Unità”, “Il Tempo”, “Il Messaggero” e si leggono gli articoli su Corviale, il panorama è sconcertante. Si tratta di migliaia di articoli che inquadrano un quartiere da buttare giù per sempre, “senza riscatto, senza Dio”, secondo le parole di un giornalista.
Si ha dunque un altro caso in cui il “quarto potere” arriva al suo fine, anche se questa volta non c’era da augurarselo.
Ma come possono le persone che guardano da fuori quel chilometro di cemento trovare del buono, cercare almeno di comprendere Corviale, quando nei giornali la maggior parte degli articoli trattano di degrado, sporcizia, droga, prostituzione, senza neanche un articolo positivo?
Eppure le cose belle ci sono, si guardano con gli occhi, si toccano con le mani. La gente che ci abita, i volontari che stanno offrendo con la loro vita un futuro a chi pensava di non averlo. Così infatti si sono sempre sentite le persone del “serpentone”. Ma oggi il quartiere è vivo, tanto è stato fatto e tanto si deve ancora fare, perché si è visto che si può fare.
Sono state le persone che con i loro desideri, la loro voglia di uscire dal ghetto, la loro fame di riscatto stanno animando il “mostro”, come un moderno Frankenstein. Il “palazzo da abbattere” è in realtà composto da migliaia di corpi, non è un freddo monumento.
La socialità ora è arrivata anche a Corviale: la biblioteca, il Mitreo, il campo da rugby, sono i luoghi creati dalla gente per la gente, il Comitato Inquilini, il progetto “Corviale domani”, queste le persone che bisogna ascoltare.
Perché se si sente parlare loro, si gira per il quartiere e poi si apre un giornale, i conti non tornano. I cittadini dicono con una sola voce che “a Corviale si vive bene”. E sarebbe davvero da scriverlo un bell’articolo, con questo titolo.

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