Gli anni felici di Daniele Lucchetti

da http://webappunti.blogspot.it/
di Antonio Trimarco

“Anni felici”  diretto da Daniele Luchetti, ha come protagonisti Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti. Il film è stato presentato in anteprima all’edizione 2013 del Toronto International Film Festival.
Se come dice ad un certo punto l’odiato/amato critico: “un opera d’arte deve leggerti dentro”; questo film è un opera d’arte .
Nella lettura autobiografica della sua esperienza di bambino, Daniele Lucchetti, rivede l’esperienza di quegli anni e ci dice che lì c’era la felicità, quelli erano appunto gli “Anni felici”.
C’era l’amore dei genitori per loro, i due fratellini, l’amore dei genitori tra loro, la famiglia della mamma accogliente e protettiva. L’arte del papà a suo modo intrigante e misteriosa, la severità, ma anche la dolcezza e la vicinanza della mamma.
Le camere piene di giocattoli sparsi, il regalo della nonna, la sospirata telecamera superotto, il viaggio in Francia con l’amica della mamma dove ci sono altri bambini e bambine con cui giocare imitando le prove artistiche del papà e sentendo i primi brividi dell’attrazione.
La trama è così ben descritta in blogo.it :”Siamo nel 1974 a Roma. Guido è stato colto dal furore dell’arte concettuale, ed è totalmente dedito alla sua missione avanguardista, tanto da sentirsi schiacciato e frenato” dal suo vissuto “di una famiglia sin troppo borghese, canonica e invadente. La moglie Serena, infatti, non è interessata all’arte, ma è follemente innamorata del marito: un amore passionale e dalla forte carica erotica di cui i loro figli sono spessi resi involontariamente partecipi. Nonostante retrospettivamente quelli possano essere definiti gli anni della felicità, la coppia deve affrontare tensioni e difficoltà, rappresentate dai continui tradimenti di Guido e da una vocazione artistica che non sembra proprio trovare riscontro nella bontà delle opere prodotte.”
Anche Serena ad un certo punto trova un “altro amore” e a quel punto la situazione si complica davvero.
Ma come dicevamo all’inizio per Dario e Paolo, ma anche per Guido e Serena, almeno agli occhi e al cuore di Dario (Daniele Lucchetti) quello è stato il tempo della felicità, ma ce ne accorgiamo, troppo spesso, dopo.
Uscendo dalla sala cosa “ci legge dentro” quell’opera, sicuramente ci interroga su cos’è l’amore, quello per i figli, quello per il proprio coniuge e sugli altri che in una vita si possono incontrare.
Ci interroga anche sulla difficoltà della vita di coppia, ma anche sulla sua ricchezza, quella fu l’epoca della legge sul divorzio, una legge che in un paese di cultura cattolica ma anche comunista come il nostro, fu sicuramente un grande avanzamento civile.
Infine ci chiede anche una riflessione sul nesso tra arte e amore, non a caso Lucchetti con questo film ci regala un opera d’arte che è una dichiarazione d’amore alla sua infanzia e alla sua famiglia, una rilettura e una rielaborazione autobiografica coraggiosa che ci parla come padri, madri e figli.

L’affresco di un epoca attraverso il racconto dei rapporti dentro una famiglia, da vedere assolutamente.

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