Addio a Elinor Ostrom, teorica dei beni comuni

Irene Ranaldi – Gruppo Qualità della Vita

 

Il mondo ha perso Elinor Ostrom, nata a Los Angeles nel 1933, unica donna a vincere nel 2009 il Nobel per l’economia per i suoi studi sui Beni comuni (commons), sulle strategie per impedire le vecchie e nuove forme di recinzione (enclosures), e sull’importanza di rendere i beni comuni risorse davvero condivisibili e autogestite.  Nella storiografia marxista col termine commons, si indicano i pascoli aperti d’Inghilterra, che nel XV e XVI secolo furono recintati per mezzo delle enclosures, lasciando senza terra gli stessi contadini e pastori che diventeranno la nuova manodopera delle fabbriche della Rivoluzione industriale.  Le idee della Ostrom erano in antitesi con le analisi del biologo americano Garrett Hardin scomparso nel 2003: secondo Hardin se una risorsa comune, come per esempio un pascolo, è aperto a tutti ognuno punta solo a fare profitto individualmente, e la risorsa si esaurisce arrecando danno a tutta la collettività; per Hardin privatizzazione e statalizzazione delle risorse erano le due uniche soluzioni per superare la “tragedia dei beni comuni”.  Elinor Ostrom, invece, ha indicato una terza via, quella della gestione comunitaria: se è la stessa collettività a gestire i suoi commons, sarà in grado di auto-regolamentarsi condividendo non solo gli interessi comuni di tutti gli utilizzatori della risorsa ma anche le pratiche che in corso d’opera possono rivelarsi fallimentari, e dunque da non ripetere. Da economista, ha analizzato alcuni casi di studio facendo ricorso a dati etnografici oltre che economici, il più famoso è quello di un vasto territorio di pascolo diviso fra Russia, Cina e Mongolia: i primi due Paesi, rispettivamente con gestione statale e privata del pascolo, hanno portato il territorio verso il degrado, mentre la porzione appartenente alla Mongolia, e gestita dalla comunità, rappresenta un caso di successo di auto-regolamentazione e sfruttamento ottimale e sostenibile della risorsa. I casi presi a esempio dalla Ostrom sono tanti, sia in Asia e in Africa che in Europa dove si è concentrata su un villaggio svizzero dove dal 1517 il pascolo del territorio alpino è gestito comunitariamente con una regola precisa che la comunità stessa si è data: “in estate nessuno può pascolare più vacche di quante riesca a mantenerne in inverno”. Gli studi di Elinor Ostrom sono stati fondamentali per teorizzare una gestione sostenibile di tutte le risorse comuni, e di conseguenza per il controllo del cambiamento climatico, contro lo sfruttamento dell’atmosfera, intesa come un common globale, che per essere tutelata necessita di regole date da autorità internazionali e, soprattutto, sovranazionali.  In «Understanding Knowledge as a Commons» (2006) spiega perché anche la conoscenza e, dunque, i saperi e in generale, il patrimonio intellettuale e artistico dell’intera umanità, siano da considerarsi come commons. Beni comuni contro i quali sono in atto pratiche di “recinzione” e dato che la condivisione del patrimonio intellettuale oggi viaggia in rete (altro bene comune transnazionale), le enclosures contro cui battersi oggi si chiamano diritti d’autore, digital divide e tutte le politiche atte a rendere esclusiva e non inclusiva, la libera circolazione della conoscenza.  Più in generale, il riconoscimento dei beni comuni ci consentirebbe di avere una visione d’insieme del carattere sociale e naturale dell’essere umano e delle relazioni esistenti tra il genere umano e l’ambiente. La gestione comune dei beni presuppone infatti una relazione interpersonale e un rapporto di solidarietà e di condivisione che è negato dalla logica del mercato delle merci.

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