Amicizia, angeli, coccole e primi amori. Il trionfo di Aria è la rivincita delle teen

Chi è Miriam Dubini, milanese di nascita e romana d’adozione, autrice del best seller che sta spopolando tra le ragazzine. “Greta è diversa dal prototipo della quattordicenne che viene propinata abitualmente da fiction, telefilm, dove sembra che tutte le ragazzine sognino di diventare cantanti o ballerine”. Dalle esperienze col circo ad Art Attack, la storia nasce a Corviale e in ogni personaggio c’è un po’ di lei…

I ragazzini di oggi sono ”vivi, vispi, attivi e reattivi, e anche competenti e preparati perché hanno più mezzi per apprendere. Ma sono anche selettivi, diciamo che tendono ad approfondire solo quello che trovano interessante”. Romantica e sgarrupata, una vita in bicicletta.

E’ l’idolo delle adolescenti: i suoi personaggi romantici e solari stanno facendo sognare una nuova generazione di piccole donne che si affaccia alla vita con il cuore che batte per i primi innamoramenti. Le sue storie di amicizia, angeli, dolci abbracci sulla spiaggia e pedali hanno conquistato il cuore di migliaia di ragazzine. Trentasei anni, milanese di nascita, romana d’adozione, occhi scuri vispi e due trecce da bambina, Miriam Dubini è l’autrice della trilogia “Aria”di un vero e proprio best seller tutto italiano, ambientato tra le strade di Corviale che i protagonisti attraversano con le loro biciclette e sulle ali della fantasia.
Laureata in semiotica, ha scritto e recitato per il teatro dei ragazzi, ha collaborato con la Disney, ha creato giochi per Art Attack, ha persino lavorato nel circo. Che esperienza è stata?
“Sono arrivata ad circo grazie al mio maestro dell’Accademia Disney di Milano, mi ha chiesto di sostituirlo per un lavoro e così ho conosciuto Ambra Orfei, una donna straordinaria, dolcissima, una donna che lavora da quando aveva quattro anni. Mi hanno chiesto di collaborare, penso che avrei detto di sì per qualsiasi cifra”.
E cosa faceva in particolare?
“Scrivevo idee e testi per spettacoli aziendali insieme allo staff dei coreografi, dei costumisti, e insieme ad Ambra naturalmente. Un’esperienza bellissima, potevo lavorare con la fantasia e creare situazioni magiche e impensabili”.

Mi racconti di Art Attack
“Ho collaborato per otto anni al mensile, lavoravo ai progetti e li realizzavo. Durante la costruzione veniva scattato il servizio fotografico per illustrare le fasi del lavoro”.
Un oggetto che si ricorda di aver inventato?
“Un pesce con tre occhi, costruito con il caschetto da bicicletta”.
Lei ha scritto libri per bambini e libri per ragazzi: quali sono le differenze nella scrittura, nello stile, nei contenuti?
“Quando scrivo libri per bambini sto attenta soprattutto alla costruzione del pensiero: un pensiero troppo complesso affatica i giovani lettori. Al contrario, una scrittura più complessa penso invece possa essere utile per i ragazzi per aiutarli a fare un salto di ragionamento. Inoltre le frasi complesse sono più appropriate per esprimere quegli stati d’animo che sono propri dell’adolescenza, l’incertezza, il dubbio, la sospensione, l’amore, si prestano a lasciare spazi personali di interpretazione che i ragazzi possono riempire”.
Cosa deve avere una fiaba per essere una fiaba?
“Mentre la favola ha sempre una morale, la fiaba è il racconto di qualcuno che ha capito qualcosa della vita e che vuole raccontarlo a chi ancora non ci ha capito niente”.
Ad esempio?
“Ad esempio Cappuccetto Rosso racconta dei pericoli che si devono affrontare per diventare donna, lascia intendere che esistono uomini cacciatori che possono rappresentare un pericolo o, al contrario, possono essere coloro che completano la vita. Una delle mie fiabe preferite è Hansel e Gretel, la fiaba a cui si ispira Aria”.
Cosa rappresentano per lei i due personaggi?
“Il maschile e il femminile, la madre cattiva rappresenta la minaccia, l’abbandono simboleggia la fase della maturità che sta arrivando, fratello e sorella, maschio e femmina uniscono le forze ed escono dal bosco con un tesoro”.
Come nascono i suoi personaggi?
“Mi vengono a trovare, mi bussano alla porta ed io li scelgo. Quando ho scelto il personaggio lo costruisco guardando la vita attraverso i suoi occhi. I personaggi che ruotano attorno al protagonista nascono attraverso il principio del contrasto”.
Veniamo al personaggio chiave della trilogia Aria, la ragazzina di cui tante adolescenti si sono innamorate: com’è Greta?
“Greta è diversa dal prototipo della quattordicenne che viene propinata abitualmente da fiction, telefilm, dove sembra che tutte le ragazzine sognino di diventare cantanti o ballerine. Un’immagine che non rappresenta la vita vera, evanescente e superficiale anche nei rapporti sentimentali. Greta è una giovane donna che non crede nell’amore ma poi tutto cambia e lei si trasforma”.
Nella trilogia ci sono tre personaggi femminili: Greta, Lucia ed Emma. Chi assomiglia più a Miriam?
“In ognuno di loro c’è qualcosa di me: diciamo che Greta è com’ero io a tredici anni, Lucia come ero a 8 anni, ancora bimba e infinitamente dolce, Emma rappresenta la fase della donna che sboccia, bella e intraprendente, già cosciente che la femminilità oltre ad essere una questione di sensibilità è anche una questione di strategia”.
E Anselmo?
“Beh Anselmo è il ragazzo che tutte sognano, beato chi se lo piglia direi, sfuggente e molto affascinante, misterioso ma solare”.
La storia è ambientata a Roma, ci sono luoghi di riferimento?
“La storia è ambientata nella periferia romana, in particolare a Corviale”.
Perché ha scelto la periferia?
“Perché io sono nata e cresciuta nella zona di via Meda, nella periferia milanese, popolata da persone simili a quelle che vivono a Corviale. E’ un’esperienza della mia vita di cui vado orgogliosa, mi piace pensare e trasmettere l’idea che si può emergere anche se si è cresciuti in quei posti e che conoscere quella realtà aiuta a comprendere le differenze, a capire le debolezze, ad accettare il male. Ma c’è anche un altro motivo direi sociale”.
Quale?
“La volontà di contrastare il modello preponderante proposto dalle fiction in cui tutto è ovattato e perfetto: credo faccia male ai ragazzi che stanno crescendo perché insinua l’idea che essere diversi dal modello proposto sia una loro mancanza, crea necessità finte spesso irraggiungibili che possono generare frustrazioni”.
Come sono gli adolescenti di oggi?
“Vivi, vispi, attivi e reattivi, e anche competenti e preparati perché hanno più mezzi per apprendere. Ma sono anche selettivi, diciamo che tendono ad approfondire solo quello che trovano interessante”.
Nei suoi libri esiste un oggetto simbolo, un leit motiv che rappresenta la libertà, la voglia di volare, il contatto con l’ambiente e la natura: si tratta della biciletta. Lei a quanti anni ha imparato a pedalare?
“Abbastanza tardi, a sei o sette anni, ho iniziato a utilizzare molto la bicicletta durante gli anni delle medie per andare a scuola”.
Quante biciclette ha avuto?
“Direi molte, ma ce ne sono alcune a cui sono rimasta più affezionata: la prima è stata Saltafoss una bici sgangherata recuperata nella casa diroccata di mio zio, a dodici anni è arrivata la prima mountain bike che usavo soprattutto durante le vacanze in montagna, poi c’è stata la bici del periodo universitario, originariamente era rosa ma, poiché è un colore che non sopporto, l’ho dipinta di giallo e ho disegnato dei soli. Successivamente ho adottato uno bici nera che era stata abbandonata, l’avevo chiamata Giuccamatta. Poi è arrivata la mitica Merlina: me l’aveva regalata il fidanzato di allora, avevo all’incirca trentadue anni, ci ero davvero molto affezionata”.
E che fine ha fatto?
“Me l’hanno rubata”.
Davvero? E dove?
“A Roma, a piazza della Repubblica, ero andata a fare una passeggiata a villa Ada, l’avevo legata ad un palo, hanno sfilato il palo e l’hanno portata via”.
Ed è rimasta senza bicicletta?
“Mio fratello me ne ha regalata un’altra, si chiama Irma, che in portoghese significa “sorella” ed è una bici da corsa azzurra”.
Quindi lei ha un fratello?
“E’ tre anni più piccolo di me, è il mio opposto, lui è un ingegnere meccanico, costruisce macchinari per fare le lamiere, è sempre in giro per il mondo”.
Ma lei non utilizza mai l’auto?
“Non ho l’automobile da cinque anni, ho fatto i conti, posso prendere il taxi per duecento euro al mese e risparmiare i soldi per la manutenzione della macchina”.
Non indossa mai i tacchi quindi?
“Al contrario, con i tacchi si va da Dio in bicicletta, certo non con il tacco dodici”.
E’ vero che pedalando le viene l’ispirazione?
“In effetti, quando scrivo e non mi viene l’idea giusta prendo la bici, il movimento, la sua velocità comprensibile mi permette di soffermarmi su quello che mi sta intorno e l’ispirazione arriva quando l’attenzione si appoggia su un dettaglio e si scalda”.
Le piace il nuovo sindaco di Roma in bicicletta?
“Marino arriva in un momento difficilissimo, spero riesca a realizzare le promesse che ha fatto in campagna elettorale, mi piace che vada in bici ma penso che stia caricando di troppi significati questo mezzo di locomozione che invece è l’oggetto più semplice che esiste”.
Che rapporto ha con Roma?
“E’ la città dove ho scelto di vivere, sono a Roma da quattro anni e l’innamoramento non è mai passato”.
Quali sono i progetti per il futuro?
“Nel futuro ci sono ancora libri per ragazzi, ma vorrei capire e affrontare argomenti diversi da quelli che hanno animato Aria”.
Quindi la trilogia è finita?
“Sì, la trilogia si chiude qui”.
La prossima non sarà una storia d’amore?
“Forse sì, forse no. Ci sto pensando”.
Si può vivere scrivendo libri?
“La risposta è sì se l’idea è quella giusta, altrimenti continua l’avventura”.
Da brava scrittrice, mi trovi due aggettivi che la descrivono…
“Li prendo in prestito da una frase della mia editor, la straordinaria Fiammetta Giorgi, che una volta mi ha definito romantica e sgarrupata”.

di Valentina Renzopaoli

da www.affaritaliani.it

http://www.ragazzimondadori.it/libri/aria-la-trilogia-completa

immagini di repertorio

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Current day month ye@r *